L’espropriazione per pubblica utilità rappresenta il procedimento ed i conseguenti atti con il quale un bene e in taluni casi un diritto, è trasferito, in modo coattivo, da un soggetto ad un altro soggetto per l’interesse della collettività.
La Costituzione prevede infatti, nell’articolo 41 comma 3 che: “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.”
Il soggetto che trasferisce il bene è definito espropriato.
La normativa, almeno che non vi siano informazioni certe e provate che individuano un altro soggetto, lo identifica con l’intestatario del bene registrato nei registri catastali.
La normativa prevede che tra gli elaborati presenti nel progetto dell’opera vi sia il Piano particellare di esproprio il quale descrive i terreni e gli edifici di cui è prevista l’espropriazione, con l’indicazione dell’estensione e dei confini, nonché, possibilmente, dei dati identificativi catastali e con il nome ed il cognome dei proprietari iscritti nei registri catastali. Il piano è costituito da 2 documenti, il primo grafico che individua con campiture le aree interessate dall’espropriazione, asservimenti e fasce di rispetto ed un secondo di solito in forma tabellare che contiene, come minimo, l’elenco dei proprietari al catasto e le superfici previste in espropriazione.
A seguito della espropriazione si possono realizzare opere pubbliche (che soddisfano l’interesse dell’intera collettività) o le opere di interesse pubblico (che soddisfano bisogni non collettivi ma di interesse generale per ragioni sociali ed economiche come ad esempio gli interventi di indirizzo residenziale).
Il procedimento espropriativo è regolamentato dalle norme comunitarie, dai principi costituzionali, dai principi fondamentali della legislazione statale e dalle specifiche leggi/norme (in taluni casi pure regionali) emanate in materia.
In particolare la fonte normativa che fornisce le regole generali della procedura è il DPR 327/2001, Testo Unico Espropri (T.U.E) con relative modifiche successive.
Alla luce di T.U.E. si possono espropriare sia i beni immobili (es. aree edificabili, aree non edificabili e aree edificate), sia i diritti relativi ai beni immobili acquisendo non solo il diritto di proprietà, ma pure i cosiddetti diritti minori rappresentati da usufrutto, servitù e simili. Non possono tuttavia essere espropriati i beni demaniali quali ad esempio gli acquedotti, le strade, le reti ferroviarie.
L’espropriazione si sviluppa attraverso 4 fasi distinte:
1) Il vincolo preordinato all’esproprio con il quale sono individuati in modo puntuale i luoghi coinvolti dalla realizzazione dell’opera. Tale vincolo è propedeutico alla fase successiva; Il vincolo decade dopo 5 anni ma, motivandone le ragioni può essere rinnovato.
2) La dichiarazione di pubblica utilità implicitamente espressa con l’approvazione da parte dei soggetti pubblici preposti, del progetto definitivo o in alternativa di quei strumenti urbanistici ai quali la legge attribuisce tale effetto.
3) La determinazione in via provvisoria dell’indennità, la quale rappresenta una negoziazione tra le parti al fine di concludere un accordo di cessione volontaria. In questo caso, il proprietario ha diritto ad una maggiorazione dell’indennizzo. In caso di mancato accordo l’autorità espropriante può procedere con provvedimento unilaterale.
4) Il decreto di esproprio il quale sancisce definitivamente il trasferimento del bene.Tale provvedimento amministrativo ha valore solo se è notificato all’interessato.
Il calcolo delle indennità di espropriazione nel T.U.E. è disciplinato dal Capo VI – Dell’entità dell’indennità di espropriazione – SEZIONE I Disposizioni generali ed in particolare dagli articoli:
32: “Determinazione del valore del bene”; 33: “Espropriazione parziale di un bene unitario”.