La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 6257/2024, è intervenuta riguardo il danno subito a causa del demansionamento; vige il divieto di variazione peggiorativa delle mansioni ai sensi dell’art. 2103. Per tale ragione, non è possibile affidare a un lavoratore mansioni inferiori a quelle precedentemente svolte. Il livello professionale acquisito da ciascun dipendente deve essere tutelato e le eventuali nuove mansioni devono aderire alla competenza professionale specifica di ognuno in modo da garantire lo svolgimento e l’accrescimento delle diverse capacità. Per i Giudici, la prova del danno può essere dedotta utilizzando tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento. In particolare, possono essere valutati come elementi presuntivi “la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata dell’adibizione alle mansioni di produzione (da comparare a quelle di natura impiegatizia precedentemente ricoperte), la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo il corso di formazione ricevuto, i solleciti rivolti ai superiori per lo spostamento a mansioni più consone“. Sono, pertanto, caratteristiche valutabili per l’accertamento di un danno professionale sia per quanto riguarda un eventuale deterioramento della capacità acquisita, sia per un eventuale mancato incremento del bagaglio professionale.